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Come il vino fa notizia secondo Tommaso Cerno
Pubblicato il 23/01/2015
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In una via storica della Capitale, a pochi passi da Piazza Navona, tra una canzone italiana ed un’altra, strimpellate da stranieri, nel mezzo di tavolini occupati da turisti, pizze tricolori dall’aspetto invitante ma dall’odore inesistente, siamo andati a trovare Tommaso Cerno, direttore del Messaggero Veneto e scrittore friulano, presente ormai in molte trasmissione televisive, per scoprire di più su di lui e soprattutto del suo rapporto col vino. Bello, schietto, dai modi accoglienti, generoso con gli amici ci mostra e ci offre subito uno dei suoi vini preferiti il Prosecco Superiore Vinocchio di Prodigio Divino ...

Chi è Tommaso Cerno?
Bella domanda! Una persona stuzzicata. Non riesce neanche a ricordare il giorno in cui ha deciso di diventare giornalista. Tutto ciò che ha fatto è stato realizzato per un senso di curiosità ed una certa stravaganza, di disordine mentale tipico dei curiosi e si è trovato ad essere un giornalista a sua insaputa.

Come è cambiato il giornalismo negli anni?
Non è cambiato affatto. È cambiato chi lo fa ed il modo di divulgazione. Si è trasformata l’attenzione che si dà al giornalismo diventato oggi per buona parte un lavoro che alcuni giornalisti fanno per altri colleghi in una sorta di referenzialità molto simile a quella politica. Infatti giornalismo e politica vivono una crisi parallela e simile. Se per quinto potere si intende capacità, professionalità, strumenti conoscitivi che alcune persone hanno per trasmettere ad altri fenomeni e fatti che altrimenti sfuggirebbero, quella che è la sua origine tale è rimasta. Il giornalismo però è cambiato nella sua veste. Si scrive in un altro modo, si divulga in un altro modo. Internet ha modificato strutturalmente ciò che era la cadenza classica del giornalismo come quello televisivo, quotidiano, settimanale e periodico. Oggi si utilizza l’aggettivo istantaneo. Le notizie arrivano ma, a volte, non si sa neanche da dove si siano apprese. Le fasi di approfondimento e di organizzazione delle notizie vanno sui quotidiani che non raccontano più cosa è accaduto ieri ma  ciò che potrebbe capitare in virtù di ciò che si è saputo il giorno precedente.

Perché oggi la gente è attratta più da fatti di cronaca nera che non dalla politica?
La politica, in alcuni casi, è un fatto di cronaca nera. Il macabro della politica attrae. In realtà le persone sono sempre state attirate dalla cronaca nera. Nel passato quando un direttore si trovava dinnanzi a notizie non molto chiare preferiva inserire fatti di cronaca nera perché sapeva che avrebbero appassionato. Negli ultimi dieci anni, però, la politica ha molto interessato in quanto ha subito una metamorfosi.  È diventata svago, gossip, storia personale. L’avanspettacolo che era ormai troppo costoso si è trasformato in intrattenimento in modo gratuito. Anche i talk, attualmente, hanno stancato per cui si cerca di cambiare i protagonisti e la trama. Finirà anche questo e la politica si risveglierà rendendosi conto che sarà ora di costruire qualcosa per il paese… Nel bene o nel male.

Che cosa è il simposio?
L’illusione di poter avere la leggerezza di mettere insieme il divertimento, il gusto del bere con la riflessione e l’approfondimento che la conversazione di gruppo dà. In Italia, però, ho la sensazione che tutto ciò che è vino si sia trasformato in enogastronomia commerciale. Sembra che non sia importante bere perché debba star bene il bevitore ma per dare una mano al paese. Pare che si degusti per fare un favore alla bottiglia, bisogna sorseggiare un buon prodotto perché siamo noi a doverne trarre piacere. La funzione del simposio oggi si è ribaltata. Al posto di godere di una cosa, è la cosa che trae godimento. Le grandi etichette sono tali quando dietro c’è un grosso lavoro di amore, passione e professionalità. Oggi nessuno ha il coraggio di dire che il vino non è buono se il marchio è famoso. Questo un tempo non accadeva.

Perché l’Italia pullula di trasmissioni enogastronomiche?
Perché nel nostro Paese il momento di mettersi a tavola rappresenta l’armonia familiare. In un periodo di difficoltà vedere la cottura degli spaghetti è più terapeutico di un farmaco. È un rifugio, un attimo di serenità, una pausa da un mondo che spaventa e non dà certezze. Si sono unite le necessità di fare spettacolo con i desideri degli italiani per cui attraverso queste trasmissioni si sono conosciuti talenti che, senza la tv, sarebbero rimasti relegati nei loro piccoli paesi. Oggi il cuoco è diventato più importante del cliente… Altro fenomeno strano. Non è l’avventore che rende grande il cuoco ma il cuoco che rende grande l’avventore. La gente dovrebbe capire meglio che cosa va a mangiare e non da chi va a mangiare.

Una sua ricetta con un abbinamento di un vino
La panzanella toscana del mio amico Edoardo Marziari: Pane, pomodoro, cipolla, aceto, olio ed un po’ di prezzemolo. Gustata possibilmente d’estate ed all’aperto con un vino bianco, friulano della zona del Collio sloveno senza aver riposato nel legno come un buon Sauvignon.

Se lei fosse un vino, quale sarebbe?
Un Krug perché è il più grande di tutti e per la forma della bottiglia, oppure un vino bianco ignoto tipico di quei luoghi dove nessuno sa che ci sia il buon vino e quando lo degusti esclami: “Cosa è?”. La mia personalità e la mia vita ondeggiano tra il gran vino ed il vino sconosciuto che fa piacere assaggiare.

Quando degusta tale nettare che sensazioni ha?
Di poter vivere senza niente. Catapultato nel passato dove non c’era la necessità della tecnologia. Il calice ed io potremmo trovarci in ogni dove poiché mi sentirei rilassato. In compagnia del vino ho realizzato cose belle come scrivere libri, ideare riflessioni, preso decisioni importanti. Col bere bene si riflette meglio. Chi non lo fa chissà perché si irrita facilmente ed è isterico.

Il Suo ultimo libro è intitolato “Inferno. La commedia del potere”, cosa farebbe bere ai dannati ed ai beati dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso?
Per l’Inferno un vino che dia gusto ed un certo senso contrizione poiché in vita si sono molto divertiti per cui “Oslavia”, da trangugiare da un otre dal quale non se ne capisca il colore come il luogo nel quale si trovano; nel Purgatorio, trattandosi di penitenti, farei bere loro del “Tavernello”. In Paradiso ci penserebbe Cristo, immagino cascate d’acqua, se Lui vuole le trasformerà.

Una citazione sul vino
Io solo nel buon vino ho fede e credo che sia salvo chi gli crede (“Morgante maggiore” Luigi Pulci).

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