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Il Conditum Paradoxum, un’antica panacea
Pubblicato il 16/01/2015
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Il gelido inverno infine è arrivato e, dopo aver spolverato di neve gran parte della Penisola, imbiancando anche quelle regioni dove splende quasi sempre il sole, ha portato con sé anche il temibile virus dell’influenza. In questi giorni stiamo attraversando il momento di massima diffusione del virus, ce lo confermano i dati trasmessi dai media, ce lo conferma la pubblicità in televisione che subito dopo Capodanno ha sostituito il tormentone dei panettoni con antiinfluenzali e sciroppi per la tosse. Accanto ai ritrovati della medicina moderna esiste un rimedio naturale, tramandato per secoli dalla saggezza popolare, che rappresenta un toccasana contro tutti questi malanni di stagione; ci riferiamo al vin brulè che trova nella bevanda chiamata Conditum Paradoxum, risalente al tempo degli Antichi Romani, il suo più vecchio antenato.

La preparazione del Conditum Paradoxum, di probabile origine greca, è descritta passo per passo nel De re coquinaria, una raccolta di ricette del primo gastronomo che la Storia ricordi, Marco Gavio Apicio (25 a.C.-37 d.C.), patrizio romano contemporaneo di Tiberio e maestro di arti culinarie. In base a quanto ci ha tramandato Apicio, il Conditum Paradoxum era un vino dolcificato con abbondante miele, scaldato a più riprese e aromatizzato con pepe, foglie di nardo, zafferano e datteri, che generalmente veniva offerto agli ospiti alla fine del pasto. Molto diffusa anche nel Medioevo, questa bevanda era solitamente arricchita con erbe officinali e medicinali. Ogni vinattiere o speziale custodiva la propria miscela di ingredienti su cui versare il vino caldo secondo un procedimento da cui sono poi nati i vini medicamentosi o ippocratici.

Oggi il vin brulé è realizzato utilizzando un vino rosso corposo anche se in alcune regioni alpine si utilizza anche il vino bianco. La tipologia delle spezie varia a seconda della località ma nella versione tradizionale non possono mancare la cannella e i chiodi di garofano; talvolta si aggiungono anche pezzetti di mela, anice stellato e qualche spicchio di mandarino. La ricetta ufficiale prevede un litro di vino rosso, 2 stecche di cannella, 8 chiodi di garofano, la scorza di un limone e di un’arancia, 200 gr. di zucchero, mezza noce moscata e un anice stellato, mescolati e poi posti sul fuoco; il composto, portato lentamente a ebollizione, deve sobollire per almeno 5 minuti; a questo punto bisogna fiammeggiare la superficie fino al completo esaurimento dell’alcol. Una volta filtrato, il vin brulé va bevuto molto caldo affinché possa sviluppare i propri effetti benefici e decongestionanti; i tannini del vino svolgono un’azione antivirale, i chiodi di garofano sono potenti antibatterici mentre le scorze di limone sono antisettiche e balsamiche. Ma non dimentichiamo che il vin brulé è anche una bevanda ristoratrice e corroborante a cui ricorrere contro il rigore delle fredde serate invernali, da gustare soprattutto in compagnia, in quanto la convivialità è uno degli elementi che lo contraddistinguono.

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