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C come casonsei
Pubblicato il 19/12/2014
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Casonsèi o Calzoncelli è il nome di una pasta ripiena tipica della Lombardia, in particolare dell’area tra il bergamasco e la Val Camonica, ove è presente in numerose varianti. Un’altra area si ritrova nell’Ampezzano, in provincia di Belluno. Tra gli ingredienti “moderni” dei laboratori di pasta all’uovo troviamo di solito carne, grana padano grattugiato ed erbe aromatiche, mentre la pasta ha una tipica forma a mezza luna. Il tutto va condito con abbondante grana padano grattugiato e burro, oppure con pancetta e salvia. Di molto differiscono gli ingredienti tradizionali: nel bergamasco entrano anche uvetta e amaretti, cotechino, salame e verza in Val Camonica (con varianti lessicali come Caicc,Cadonhei Caronsei, Calsù), mentre nel bresciano si ritrovano forme a caramella, farfalla, quadrato, triangolo. Esiste perfino una versione dolce, i Casonsèi dolc impienicc, ripieni di marmellata, fritti e spolverati di zucchero. Sono parecchie le località che ne se ne contendono l’origine, ma anche all’interno di esse non vi è mai pieno accordo su una ricetta univoca. Nel bresciano, ad esempio, la ricetta riportata dall’Enciclopedia bresciana edita da La Voce del popolo li definisce“una specie di ravioli, con ripieno a base di carne, pane grattugiato, formaggio, prezzemolo ed aglio, lessati e serviti ben caldi conditi con formaggio di grana e burro cotto alla salvia”. Alquanto diversa e composta di ingredienti di magro è invece la ricetta contenuta nel vocabolario Bresciano-Italiano di Giovan Battista Melchiori del 1817, secondo il quale i Casonsei o Cazonzei, “piatto d’onore delle sagre e dei Tridui”, sono “una vivanda d’erbe, uova, cacio ed altro chiusa in piccoli pezzetti di pasta che mangiasi in minestra.” Il ripieno, evidentemente, variava col variare degli avanzi, che nell’economia di un tempo erano sempre riciclati dalle massaie di casa, come spiega con chiarezza lo studioso Massimo Alberini: “Queste specialità sono molto simili le une alle altre e partono, quasi certamente, da un fondo comune, l’utilizzo degli avanzi (in certi casi, quelli delle mense del principe, dopo il grande convito) che, triturati e mescolati con le verdure dei campi e dei fossi, servono a farcire dei fagottini di pasta manipolata in casa”. Data la preparazione relativamente laboriosa, si preparano solitamente la domenica e nei giorni di festa. Il nome, secondo quanto afferma Giuseppe Tonna nel glossario de La massera da bé di Galeazzo dagli Orzi, deriverebbe da caseus cioè formaggio. Secondo altra ipotesi, il nome deriverebbe invece da calzoncino, nel senso di piccolo calzone, basandosi sul fatto che in molte antiche ricette la foggia della pasta richiama appunto quella di un primitivo calzoncino. Una citazione illustre è contenuta nel Baldus di Teofilo Folengo, caposaldo della letteratura maccheronica cinquecentesca, ove, insieme a gnocchi, maccheroni e tagliatelle viene descritta una “caldaria plena casoncellis”, con allusione ai Casoncelli “di grasso” del mantovano, con ripieno di carne, opposti a quelli bresciani farciti di formaggio. Contemporaneo del Folengo è Ortensio Landi, autore di un “Breve catalogo delli inventori delle cose che si mangiano e si bevono”. Fra questi autori immaginari viene appunto citata una tale Melibea da Manerbio, inventrice dei Casoncelli , descritta come “donna di grande ardire, ed è chiara cosa, ché con le proprie mani ammazzò un orso di grandezza mostruosa” ! Afferma un proverbio locale: ‘Na süpera dè càdonsei la fa tremà la culem del tèt (una zuppiera di Casoncelli fa tremare la trave maestra del tetto). Tra bresciano e bergamasco, sono numerose le località che assegnano ai Casonsèi un ruolo centrale di piatto celebrativo della festa: a Lumezzane, ad esempio, rappresentano il clou del pranzo delle coppie per la festa di di San Sebastiano (20 gennaio). I Casoncelli di Breno, detti “caicc”, vanno invece in scena il 14 febbraio, festa patronale di San Valentino. Nel bergamasco si preferiscono invece i mesi estivi: i Casonsèi di Palazzolo si preparano per San Barnaba, a giugno, come pure quelli di Lograto con i quali il 24 giugno si festeggia San Giovanni Battista nelle trattorie o nel menù di casa. Nel comune di Darfo Boario Terme i Casoncelli sono al centro di due sagre, quella a fine luglio di Sant’Anna a Fucine, e quella di fine agosto nella frazione di Erbanno. Ai primi di settembre, nella bresciana Val Camonica, Breno festeggia con i Casonsèi la Madonna del Ponte, presso il santuario dedicato a Maria Bambina. Oltre a Barbariga e Longhena, conosciute come “i paesi del Casoncello”, anche altre località del bresciano come Pievedizio, Viadana di Calvisano e Nuvolento dedicano ad essi apposita sagra. Inutile dire che in tutta l’area i Casoncelli sono tradizionali protagonisti anche delle festività natalizie. Racconta l’autore locale Oberto Amelardi: « I nostri famosi Casoncelli derivano i loro pregi non certo dall’aria e dall’acqua, ma dalla qualità e dalla quantità delle materie prime (formaggio, burro e farina di frumento) che le industri massaie non lesinano ad impiegare nella laboriosa preparazione del suddetto piatto. Quello che oggi viene considerato un piatto tradizionale, eccellente e gradito ai più, nei tempi andati veniva giudicato sotto l’aspetto del suo valore economico e ritenuto, data la povertà corrente, spesso troppo pesante e tale da scardinare la misera economia di molte famiglie.» A proposito di ingredienti poveri, la farcia più spartana, ma non meno gustosa, è certamente quella dei “Casunziei” ampezzani, a base di barbabietole, ricotta, pangrattato e semi di papavero, diffusi in tutte le vallate dell’Agordino, Zoldo, Cadore e Comelico, cioè quelle che formano il territorio della minoranza linguistica ladina nel Veneto, con varianti lessicali come Casonciei, Casanzes, Csanzöi. Nella Ladinia dolomitica veneta sono molte le variabili di ripieno: nell’Agordino e Zoldo si usa la zucca, in Comelico crauti, pancetta e cipolla,  o erba menta. Davvero interessante l’ipotesi del maggiore storico della Ladinia dolomitica veneta, Mario Ferruccio Belli, secondo il quale l’origine dei Casunziei va fatta risalire alla corte del sultano di Istanbul, ove quel tipo di pasta ripiena a mezzaluna era preparata in onore dei diplomatici della Repubblica di Venezia. La Serenissima avrebbe contribuito a diffonderne la fama in tutta l’area che va dalla Carnia (ove si ritrovano gli analoghi Cjalsons), fino alle vallate austriache (con gli Schutzkrapfen).

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