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C come cantucci
Pubblicato il 16/05/2014
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"Cantuccini toscani" era scritto su un pacco di biscotti presentato all’ultima fiera Anuga di Colonia, manifestazione leader del settore alimentare frequentata da oltre 150.000 visitatori. I biscotti erano proprio quelli con le mandorle che tutti conosciamo, con tanto di paesaggio toscano sulla confezione. Peccato che il produttore non fosse toscano, e nemmeno italiano, ma rumeno. Per fortuna da questa settimana sarà molto più difficile taroccare così sfacciatamente uno fra i totem gastronomici più illustri della tradizione toscana, tradizionalmente abbinato al Vin Santo: al momento in cui scriviamo, 14 maggio, il Ministero delle Risorse Agricole, Ambientali e Forestali ha indetto apposita riunione per il riconoscimento dell’Igp, di concerto con la Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato) di Siena e con Confindustria, sia a scopo di tutela, che per definire opportune strategie di marketing che consentano di valorizzare la produzione sul piano qualitativo e di accrescerne la visibilità presso i consumatori. Con tali intenti è nata in data 11 aprile 2011 l’Assocantuccini, Associazione tra Produttori di Cantuccini Toscani alle Mandorle, di cui è presidente Ubaldo Corsini, che riunisce una quindicina di imprese del settore disseminate su tutto il territorio regionale, ma in massima parte fiorentine e toscane. «Il Cantuccino toscano - ha dichiarato il responsabile provinciale di Cna alimentare Siena, Mauro Vestri – è uno dei simboli della tradizione toscana e dell'economia agroalimentare senese. Con il consorzio intendiamo lavorare in concreto alla valorizzazione di un prodotto valido sul piano qualitativo e culturale, perché frutto di un disciplinare legato alla tradizione. Concordare un percorso e utilizzare al meglio le risorse non può che far bene al territorio a tutela del reddito e dell'occupazione, favorendo la crescita delle imprese locali». I Cantucci o Cantuccini sono biscotti secchi alle mandorle, ottenuti tagliando in diagonale, a fette spesse un centimetro e mezzo-due, poi biscottate, il filoncino oblungo appena estratto dal forno di cottura. La lunghezza è, ovviamente, disomogenea, compresa tra i 5 e i 10 centimetri, con superficie irregolare dorata e struttura interna caratterizzata da elevata presenza di mandorle intere sgusciate. “Canto”, coi suoi diminutivi cantuccio e cantuccino, in vernacolo toscano è l’angolo, ma a tavola designa, per estensione, una piccola porzione squadrata (un cantuccio di pane, o di formaggio), da cui il nome. In effetti la forma, in origine, sembra fosse identica a quella di una fetta di pane larga e sottile, come si vede nel “Gioco di Cucagna” dell’incisore seicentesco Giuseppe Maria Mitelli, da sbocconcellare a più riprese, come si evince da una lettera del 1613 indirizzata al Granduca Cosimo II de’ Medici dal suo segretario Belisario Vinta: “havendomi poi rifocillato… a voluto che io mangiassi sette o otto bocconi di cantuccio di Pisa inzuppato in un ottimo greco”. All’epoca era appunto Pisa il centro di produzione più rinomato di questi biscotti spartani a base di pasta di pane e un po’ di miele, profumati da qualche seme d’anice. Le mandorle e lo zucchero erano allora ingredienti di gran lusso, riservati semmai ai “biscottelli” prediletti da Caterina de' Medici. La prima ricetta ufficiale del 1691, contenuta nel dizionario dell'Accademia della Crusca, non cita infatti né mandorle né pinoli, definendolo "biscotto a fette di fior di farina, con zucchero e chiara d'uovo".  Solo con l’avvento dell’età moderna i Cantucci si arricchiscono di mandorle e pinoli, e nella seconda metà dell’Ottocento vengono ormai prodotti su vasta scala, acquistando sempre più notorietà. A farli conoscere all'estero è Antonio Mattei detto "Mattonella", pasticcere di Prato premiato all'esposizione universale di Parigi del 1867, la cui bottega diviene da quel momento depositaria della tradizione dei Cantucci, qui per consuetudine più piccoli che a Siena. Sebbene comunemente usata come sinonimo, la dicitura "Biscotti di Prato" sarebbe in realtà da riferire a una variante moderna e arricchita della ricetta originaria di estrema semplicità, che non prevedeva né uova, né mandorle, né altro ingrediente “segreto”. Mattei, che intrattenne rapporti di amicizia con Pellegrino Artusi, potrebbe verosimilmente essersi ispirato a un documento settecentesco del notabile Amadio Baldanzi, custodita nell'archivio di Stato di Prato, contenente la ricetta di un biscotto detto  “alla genovese” (Il Cantuccio ha in effetti dei parenti catalani molto simili, chiamati Carquinyolis).  Il negozio storico di Antonio Mattei, in Via Ricasoli 20, c’è ancora, ed è stato appena restaurato, ma sono ottimi indirizzi anche Branchetti in Via Rocchi o il forno Steno di Vaiano, della famiglia Bertini. Sussiste, ovviamente, un’abissale differenza tra versione industriale e preparazione casalinga (impegnativa, ma non difficile) o artigianale, alla quale dovrà uniformarsi d’ora in poi chiunque voglia fregiarsi del marchio Igp Cantucci-Cantuccini toscani. Ma quanto valgono i Cantuccini, ormai onnipresenti, in virtù della lunga conservazione, anche nella grande distribuzione? Secondo dati ufficiali, il 37% della produzione è indirizzato all’export, (dato lusinghiero, se si pensa che l’export medio dell’industria alimentare toscana è del 22%, e del 17% quello dell’industria alimentare italiana globale) così suddiviso: 29% Paesi UE (Germania in testa) e 8% Paesi extraeuropei (soprattutto Usa e Giappone). Valore stimato del fatturato industriale (stando ai dati della società di consulenza Finanza Futura Srl), 24 milioni di Euro, a fronte di un valore globale del mercato al consumo di 58 milioni, incluse logistica e distribuzione, ovvero quasi un decimo del fatturato complessivo dell’industria toscana del settore prodotti da forno e biscotteria (268 milioni di euro di fatturato nel 2009, in crescita nel 2010, con oltre 600 addetti). Chi volesse saperne di più, può leggere “La vera storia dei Cantucci e dei Biscotti di Prato”, di Marco Ferri, prefazione di Piero Antinori. A proposito, a due passi dal fiorentino Palazzetto Antinori vale la visita  Il Cantuccio di San Lorenzo, in Via Sant’Antonino 23 ( certi della bontà del loro prodotto, porgono volentieri un assaggio gratuito). Provare per credere: non c’è dessert più squisito di un paio dei loro Cantucci su un piattino, assieme a un calice del sontuoso Vin Santo della Tenuta di Vitereta, ove la famiglia Bidini-Dal Tongo ha realizzato una fattoria modello a circuito completo, con produzione olivicola, casearia e salumi di cinta biologici.

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