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C come cardamomo
Pubblicato il 28/02/2014
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Sul sentore di Cardamomo, frequente ad esempio nei possenti rossi mediterranei da Grenache, Primitivo e Carignano, si sono per anni accanite come iene penne iconoclaste dispensatrici di carciofini d’oro. Poi il tempo ha fatto giustizia di costoro, ma per colpa di quel tragico mix di presunzione, ignoranza e colpevole disinformazione, ancora aleggia il sospetto che il Cardamomo sia “trouvaille” da sommelier visionario, un po’ come il sarchiapone. Eppure, il Cardamomo non solo esiste con ogni evidenza, ma vanta una storia illustre, ed è universalmente diffuso, molto più di quanto si pensi. Nei paesi arabi e in Oriente è spezia tra le più ricercate, miniera di virtù benefiche per la medicina ayurvedica, i guaritori tibetani e la medicina tradizionale cinese. In India si usa per preparare il popolare Chai masala (tè dolce al latte fortemente speziato), mentre nei paesi musulmani è essenziale per il rito del Qahwa, il caffè turco fatto bollire tre volte. Senza Cardamomo, non ci sarebbe l’Himbasha, il pane rituale eritreo; e perderebbero finezza e vigore le miscele di spezie che compongono il Curry della cucina indo-pakistana, il Berberè in Etiopia, il Ras el hanout marocchino e lo Zhug yemenita; ma il Cardamomo è ben noto anche in Europa, soprattutto per la preparazione di dolci nordici come i biscotti Speculoos, il Pain d' épices, il Pulla finlandese o i Käffebrod della tradizione svedese, per non parlare degli impieghi nella nostra liquoristica, come ingrediente di idromele, amari e digestivi, e persino in erboristeria, per il contenuto in oligoelementi utili e le intrinseche virtù antiossidanti, espettoranti e lenitive dei sintomi influenzali. Anche la moderna industria cosmetica e profumiera utilizza l’olio essenziale di Cardamomo, perpetuando una consuetudine che ha radici antichissime in tutto il mondo mediterraneo: già gli egizi usavano la preziosa spezia come incenso, greci e romani ne traevano balsami e unguenti e arriva fino ai nostri giorni il bon ton arabo di masticarne un seme per profumare il respiro. Afrodisiaco per l’antico Oriente delle “mille e una notte”, il Cardamomo è la terza spezia più cara al mondo dopo Zafferano e Vaniglia, anche se ne bastano pochi grani per profumare una pietanza, magari di ispirazione esotica o “fusion”. Nella gastronomia tradizionale, il Cardamomo rappresenta spesso il tocco “segreto” in piatti di una certa complessità o struttura, quali arrosti di cacciagione, mentre in pasticceria esalta preparazioni al caffè e al cioccolato. Anche la moderna società dei consumi ne subisce il fascino: è a base di Cardamomo l’Eclipse Breeze, innovativo chewing-gum “gusto exotic mint” della Wrigley’s, lanciato negli Usa con lo slogan “neutralizza l’alito più pesante”. Quanto all’etimologia, Cardamomo ricalca pari pari il greco kardàmomon, parola composta da kàrdamon +àmomon, i due generi della pianta già distinti dal padre della botanica Teofrasto. Difatti, sotto il nome di Cardamomo vengono indicate due specie distinte, diverse sia per morfologia che per resa aromatica: il Cardamomo verde (Elettaria cardamomum) e il Cardamomo nero (Amomum subulatum). Il primo, detto anche Cardamomo vero, è il più costoso e pregiato, con baccelli verde vivo a sezione triangolare lunghi un centimetro-un centimetro e mezzo, trialveolati e contenenti una quindicina di piccoli semi, ricchi di composti organici terpenici fortemente mentolati e balsamici: eucaliptolo, limonene, linalolo, α-terpenile acetato, borneolo e terpineolo. La pianta erbacea a rizoma che li produce, alta allo stato selvatico fino a tre metri, coltivata in climi tropicali tra gli 800 e i 1.500 metri altitudine, produce radici esterne tra le quali, a fine estate, maturano irregolarmente i baccelli (è appunto la raccolta scalare e manuale a far lievitare i costi); l’albero del Cardamomo appartiene alla famiglia delle Zingiberaceae (la stessa dello Zenzero) originaria del Malabar, India, oggi secondo paese produttore dopo il sorpasso del Guatemala, ove la pianta è stata acclimatata cento anni fa: in base ai dati della Asociación de Cardamomeros de Guatemala (Cardegua) il raccolto 2012 ha fruttato 29.000 tonnellate di prodotto, in crescita del 12% rispetto alle 26.000 dell’anno precedente. Pregiato è anche il Cardamomo di Ceylon (Elettaria repens), con un contenuto di oli essenziali attorno al 7-8%.  Piuttosto comune,invece, è il Cardamomo nero,  riconoscibile a colpo d’occhio per i baccelli più grandi e scuri, blandamente mentolati e fumé. Essendo l’aroma volatile, è preferibile estrarre i semi solo al momento dell’utilizzo, lavorandoli in un mortaio. Si trova anche Cardamomo in polvere già pronto, ma in genere è prodotto inferiore, ottenuto macinando anche i baccelli secchi se non riciclando prodotto vecchio (un anno al massimo il tempo di conservazione). Gli chef creativi amano molto il Cardamomo, che enfatizza i sapori conferendo un accento esotico. Una ricetta facile, “Embeurrèe de Chou vert à la Cardamome noire”, ce la fornisce il Grand Chef Relais & Châteaux Patrick Bertron, subentrato al compianto Bernard Loiseau alla guida del tristellato "Côte d’Or" di Saulieu, Borgogna. Sul cavolo lessato, ripassato al burro, si adagiano striscioline fritte di Prosciutto di Morvan, irrorando il tutto di fondo bianco profumato al Cardamomo. Accompagnamento ideale, lo smagliante Gamay Rosé (in conversione bio) prodotto da Florence Pelletier, etichettato Vin de Pays des Coteaux de Coiffy, degno dell’antica fama vinicola di questo terroir dell’Haute Marne spazzata via dalla fillossera e poi da decenni di ibridi e produzioni quantitative mortificanti. 

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