Bibenda
Bibenda, per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino.
Visualizza tutte le notizie
C come carota
Pubblicato il 14/02/2014
Fotografia

Secondo i dati più recenti, il raccolto mondiale di carote per consumo umano supera i 35 milioni di tonnellate, di cui oltre il 60% è prodotto in Asia, il 25% in Europa (fino a non molti anni fa leader produttivo), il 10% nelle Americhe e poco più del 4% in Africa. Un quantitativo più che quintuplicato rispetto agli anni Settanta, grazie a razionalizzazione delle colture, meccanizzazione e adozione di cultivar più produttive, ibridi compresi. Primo paese produttore è la Cina, con 9.100.000 tonnellate, oltre un terzo del raccolto mondiale, seguita a grande distanza da Russia, Stati Uniti, Uzbekistan, Polonia e Ucraina. L’Italia si piazza a un dignitoso decimo posto, con 550.000 tonnellate, provenienti in massima parte da Sicilia, Abruzzo e Lazio. Si coltivano diverse varietà: la Fiumicino a radice lunga, Amsterdam, Nantes, e Chantenay a radice media, Rossa corta, Rossa parigina e Signal a radice corta tondeggiante. Sono oltre cinquecento le varietà repertoriate nel mondo: tra quelle più rilevanti per interesse commerciale, la Bianca di Kuttingen, la Gigante di Tilques, la Gialla di Doubs, la Imperator 58, la Nelson Hybrid. La Carota (Daucus Carota) è pianta bisannuale della famiglia delle Apiaceae (imparentata, cioè, col Sedano-Apium), ovvero Ombellifere, caratterizzate dall’infiorescenza a ombrellino. Proprio come i consimili Prezzemolo,  Cumino ed Aneto, era in origine apprezzata per foglie e semi aromatici, e non per la radice. Semi di Carota si sono rinvenuti in insediamenti neolitici di Svizzera e Germania, anche se le coltivazioni modernamente intese prendono piede nell’antica Persia post-sasanide, per poi diffondersi a partire dall’VIII secolo nella Spagna dei Mori. Prima, grande distinzione è appunto quella tra varietà dell’est e varietà dell’ovest. La Carota che tutti abbiamo in mente, di un bel color arancione, uniforme e senza macchie, selezionata in Olanda fin dal Rinascimento come omaggio alla dinastia degli Orange tuttora regnante, rappresenta in pieno la tipologia cosiddetta dell’Ovest. La pigmentazione arancio dipende dal carotene, provitamina terpenica dal cui metabolismo si originano due molecole di vitamina A. Decisamente più variegate le varietà dell’Est che vanno dal bianco all’avorio, e dal fulvo al violaceo a seconda della ricchezza in antociani. Già un erudito andaluso del XII secolo, Ibn al-'Awwam, fa distinzione tra varietà rosse e gialle, e aveva grande rinomanza, fino all’ultimo dopoguerra, la Carota di Viterbo in agrodolce, varietà rosso-violacea detta anche Pastinaca, citata dal Platina nel suo De honesta voluptate. In verità la Carota domestica, al pari del Ravanello, è stata selezionata non tanto per il colore, quanto piuttosto per carnosità, croccantezza e dolcezza di quella che chiamasi impropriamente “radice”, in realtà un tubercolo di ipocotile, regione intermedia ingrossata tra la rosetta delle foglie apicali e il filamento, sottilissimo, della radice vera e propria. La Carota selvatica originaria, infatti, è così amara e fibrosa da risultare praticamente immangiabile, così come coriacee risultano a volte talune varietà coloratissime dell’est, ora reperibili come curiosità anche nei nostri mercati. Piena di virtù salutari per l’organismo umano, la Carota ha un valore nutrizionale di appena 26 calorie ogni 100 grammi, risultando composta di acqua (88%), glucidi (7%) e proteine (1%), con trascurabili tracce di lipidi e un saldo di ceneri e fibra, soprattutto cellulosa, emicellulosa e lignina. Vera e propria miniera di microelementi, risulta abbondante specialmente di calcio, cloro, manganese, fosforo, potassio, ma anche di zinco, boro, ferro e selenio. Il contenuto vitaminico medio è di 1,5 mg di provitamina A e 7 mg di vitamina C, unitamente a un buon apporto di tutte le vitamine del gruppo B, tranne la B 12.  Senza contare altre sostanze, responsabili del caratteristico sapore dolce-aromatico, come l’acido glutammico e altri composti, come l’acido succinico,  gli acidi α-ketoglutarico, il lattico e il glicolico e, tra gli acidi fenolici, il caffeico. Legate a un particolare territorio sono, nel nostro paese, la Novella di Ispica e la Carota dell’Altopiano del Fucino, entrambe Igp, oltre alla Pastenaca del Salento e alla già citata Carota di Viterbo, un “missing” che da più parti si vorrebbe far tornare in auge. Quest’ultima varietà era essiccata al sole e poi conservata in agrodolce in vasetti di terracotta, assieme a spezie, uvetta, perfino cioccolato, destinata ad accompagnare carni e salumi locali, a mo’ di mostarda. Abbinamento ideale, il sontuoso Muffato della Villa, da uve locali (Procanico, Roscetta, un pizzico di Moscato) che Vittorio Puri, imprevedibile produttore bolsenese, produce solo in annate favorevoli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA