Fughiamo subito ogni dubbio: è ormai acclarato che il Pigato è un biotipo del Vermentino, o, per usare un termine poco simpatico, una virosi di questo vitigno anche se molti produttori e i suoi fan più sfegatati continuano a considerarlo una specie a se stante. Chiamato Pigato (“Pigau”) per via delle macchioline color ruggine, le “pighe”, che compaiono sulla buccia degli acini in prossimità della maturazione, è tipico della Riviera Ligure di Ponente, in particolare della Piana di Albenga, tra Savona e Imperia. I migliori Pigato sono generalmente coltivati in collina a un’altitudine di 300 metri, in un ambiente beneficiato sia dalla vicinanza del mare sia dalle escursioni termiche notturne che ne arricchiscono il patrimonio di aromi e di acidità.
Situata nel comune di Ranzo, in quella parte della Piana di Albenga che si restringe sul torrente Arroscia, dove i campi coltivati sono ridotti a fazzoletti di terra gravidi di frutteti, l'azienda agricola Bruna ha votato proprio al Pigato la maggior parte dei 7 ettari vitati di proprietà, proponendone 3 versioni rientranti nella denominazione Riviera Ligure di Ponente: Majè, U Baccan e Le Russeghine. Quest’ultima, per tradizione consolidata, è la punta di diamante della cantina e nasce nel cru omonimo, caratterizzato da terreni in prevalenza argillosi e ricchi di scheletro, dal tipico colore rosso che è alla base del nome dialettale assegnato alla zona. Attingendo da vigne di oltre 40 anni allevate ad alberello, con basse rese, in assenza di diserbanti e trattamenti chimici, il Pigato Le Russeghine è lavorato completamente in acciaio e, dopo la vinificazione, trascorre almeno 6 mesi sulle fecce.
Di bell’impatto il Pigato Le Russeghine 2010, di un colore paglierino fulgido e brillante che non risente affatto della parziale filtrazione a cui è sottoposto. L’estensione olfattiva va oltre le più rosee aspettative; partendo da un sostrato di fiori campestri, si focalizza su nuance fruttate (buccia d’uva e pesca a pasta gialla) e marcatamente agrumate di bergamotto e mela limoncella, miste a muschio marino ed erbe aromatiche. Ampio e varietale, ripropone nel palato la componente fruttata ed è sorretto da una buona alcolicità che ne ammorbidisce l’abbrivio a dispetto della marcata freschezza. Ma a tener banco è la mineralità sprigionata a piene mani e a più bordate, tenace ricordo delle terre rosse da cui proviene e delle brezze marine che lambiscono i vigneti. Si stempera infine rilasciando una scia di mandorla amara. Sulla tavola non potrebbe trovare compagno migliore dei primi piatti della tradizione ligure, specialmente se a base di abbondante pesto a condimento di trofie, picagge o trenette. Ottimo col Cappon magro (tipico antipasto genovese realizzato con verdure e pesce Cappone o Branzino), considerando il corpo e la struttura dimostrati durante l’assaggio, potremmo azzardare l’abbinamento con piatti a base di carni bianche anche elaborati, sempre nel solco della culinaria locale, come la cima di vitella ripiena.