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L’altra Francia, Jurançon e Irouleguy
Pubblicato il 17/01/2014
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Prosegue anche in questo numero il viaggio alla scoperta delle zone “minori” della Francia. Questa settimana ho scelto di rimanere nel Sud-Ouest, e di dedicarmi ad altre due affascinanti appellations. Iniziamo subito con il dire che il Jurançon è uno dei vini più straordinari e sottovalutati di tutta la Francia, e non solo. L’appellation è situata nella zona della Bearn (quella, tanto per intenderci, che da il nome anche alla squisita sauce bearnaise) ed è nota sin dall’antichità per la produzione di splendidi vini dolci. Un aneddoto (una di quelle storie che, se non sono vere, dovrebbero esserlo) racconta che Enrico II di Navarra avesse acquisito vigne in questa zona. Quando il nipote Enrico IV, futuro re di Francia (primo della dinastia dei Borbone) fu battezzato nel 1553, al banchetto venne servito il vino allora noto come “juransoo”, e le labbra del futuro sovrano ne vennero bagnate.

L’assaggio precoce del nettare non fu fausto al re, che all’età di 57 anni venne assassinato da un folle. Questo non impedì, tuttavia, che il vino continuasse ad affermarsi, ed il vigneto ad assumere una estensione complessiva di 5.500 ha all’inizio del XIX secolo. Come in altre zone della Francia, oidio e fillossera devastarono la zona, che subì, dunque, una drastica riduzione della superficie vitata. La ripresa fu tuttavia abbastanza rapida, e divenne tumultuosa dagli anni ’90 dello scorso secolo, tanto da far lievitare il prezzo delle aree vitate a livelli comparabili a quelli della Aoc Sauternes. Il Jurançon è oggi un vino bianco che viene prodotto nella (rara) versione secca, o più comunemente in quella dolce o “moelleux”. Per il secco si usa soprattutto il Gros Manseng, mentre per quello dolce il più pregiato Petit Manseng. La raccolta delle uve da vini dolci (che solo raramente sono colpite dalla muffa nobile) avviene in varie tries, a partire da Ottobre; il produttore più noto della zona, Henri Ramonteau di Domaine Cauhapé, da ai suoi vini suggestivi nomi che indicano l’epoca di raccolta delle uve (Ballet d’Octobre, Symphonie de Novembre, sino ad arrivare al rarissimo Folie de Janvier).

Il Jurançon dolce è un vino di un bellissimo colore dorato tendente spesso all’ambra, con viva mineralità fumé e note che richiamano la frutta secca e il biscotto, con un sottile ma avvertibile sottofondo di erbe amaricanti. È un vino splendido nell’abbinamento con i formaggi erborinati, con i pecorini stagionati dei Pirenei e con la pasticceria secca, e che ha prezzi più che ragionevoli (fatte salve le cuvées  d’exception, in Francia viaggia sotto i 20 €). La versione secca costa ancor meno, e riserva spesso belle sorprese per la sua spiccata mineralità, che si arricchisce dopo qualche anno in bottiglia. Spostandoci a Sud-Ovest rispetto a Jurançon, nel cuore dei Paesi Baschi francesi, troviamo un’altra appellation poco nota ma a mio avviso ricca di interesse: quella di Irouleguy.

La vite comincia ad essere coltivata in questa area soprattutto per dissetare i pellegrini che percorrevano il Cammino di Santiago, a partire dall’XI secolo. I monaci dell’Abbazia di Roncisvalle intuirono infatti il potenziale della zona, ed impiantarono vigne. Seppur meno nobile (e meno famoso) di altri vini del Sud-Ouest, l’Irouleguy continuò comunque ad essere prodotto sino ai giorni nostri.

I vitigni di riferimento sono per i rossi ed i rosé, che costituiscono gran parte della produzione, il Tannat, il Cabernet Franc ed il Cabernet Sauvignon, mentre per i rari bianchi si usano Corbou Blanc, Petit Corbou, Gros e Petit Manseng. Un Irouleguy rosso è un vino robusto, scuro, dal forte sentore di frutta rossa e nera e con capacità di invecchiare per qualche anno (anche per smussarne il tannino a volte un po’ invadente). Produttori di punta, come Domaine Brana o Domaine Arretxea, riescono a donarci un prodotto in grado di abbinarsi ottimamente con le tapas a base di carni di maiale (siamo ad un passo dalla Spagna). Mi convince meno l’accostamento tradizionale allo squisito prosciutto di Bayonne, la cui sapidità che rischia di entrare in “risonanza” con i tannini robusti del vino e di dare sensazioni di metallico ed amaro. Meglio, allora, la versione bianca, specie se questa ha riposato tre-quattro anni in una buona cantina. D’altronde, visto che il vino costa in genere non più di 15€ in Francia, perché non regalarsi anche qualche fetta di jamon iberico pata negra de bellota e costruirsi, con il prosciutto di Bayonne, una deliziosa “orizzontale”?

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