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C come culurgiones
Pubblicato il 20/12/2013
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I Culurgiones, detti anche culurzones, culurjones, culurgionis, culurxionis o culurjonis a seconda delle località, sono una specialità di pasta ripiena tipica dell'Ogliastra, oramai prodotta nell'intera regione Sardegna. I pochi e semplici ingredienti di base variano molto a seconda delle zone. A Sadali, pittoresca località fra il Sarcidano e la Barbagia di Seùlo al confine con l'Ogliastra, si svolge una sagra estiva erede delle antiche feste agropastorali che concludevano il raccolto: sia la forma dei Culurgiones ripieni, sia la chiusura pizzicata “a spighitta” (piccola spiga) discendono, con ogni evidenza, da rituali propiziatori. Il ripieno è costituito da Pecorino sardo, fresco di uno o due giorni, il condimento è un semplice sugo di pomodoro completato da altro Pecorino grattugiato. Accanto ai canonici Culurgiones de casu (di formaggio) preparati in tal modo, esistono due varianti ripiene di patate con aglio e menta, i Culurgiones de Olluseu, tipici de Is Mortos (Defunti) di Novembre, con grasso ovino, e i Culurgiones de Ollu ‘e Porcu (con strutto) legati al Carnevale. Nel comprensorio di Jerzu, altro comune ogliastrino a un centinaio di chilometri a nordest di Cagliari, è invece caratteristica l’aromatizzazione con nepitella ("sa nepitedda") al posto della menta. Nella vicina Barbagia, poi, il condimento tende a farsi più sostanzioso, con carne suina e salsiccia sbriciolata, mentre nel Campidano intorno a Cagliari è caratteristica l’aggiunta di zafferano e bietole e spinaci alla ricotta dell’impasto. La notorietà dei Culurgiones è oramai approdata anche in continente, da quando un paio di catene Gdo li distribuiscono a livello nazionale in confezioni da supermercato. D’altra parte, essendo nell’isola tuttora molto vivo il legame con la stagionalità e l’ancestrale cultura agropastorale, si è da tempo avvertita l’esigenza di tutelare con apposito marchio la produzione dei pastifici artigianali, del tutto equiparabile all’ancor molto diffusa preparazione a livello familiare. Perciò, dopo l’inserimento nell’elenco PAT, la Regione Sardegna ha avviato l’iter europeo per il conseguimento della Igp. Per la preparazione, si parte da una sfoglia di sola semola o da una miscela di farina di grano tenero e semola di grano duro, impastata con poca acqua tiepida salata e lavorata con le mani fino a ottenere un impasto liscio ed elastico, da ridurre a sfoglia sottile col mattarello. Con un bicchiere o con un coppapasta se ne ricavano tanti cerchi, sui quali stendere il ripieno di solo formaggio fresco o del suddetto mix di patate, pecorino, menta e aglio. C’è anche chi adopera la classica rotella chiudendo a raviolo o a mezzaluna; ma per ottenere la particolare chiusura a spighetta è sufficiente mantenere nella sinistra la sfoglia col ripieno, pinzando più volte a chiudere con pollice e indice della mano destra. Questo gesto rapido sarebbe, secondo alcuni, alla base del nome: da culina, cucina e urgeo, mi affretto, sarebbe derivato Culurgiones, secondo altra ipotesi allusivo piuttosto alla forma a calzoncino. Le dimensioni, a tale proposito, possono variare parecchio, dai 5 cm di Jerzu ai 7 cm di Tortolì, capoluogo ogliastrino. Lessati in acqua bollente salata, i Culurgiones venuti a galla si scolano bene e si condiscono con sugo di pomodoro semplice o con burro e salvia, completando con Pecorino. Alla persistenza gustolfattiva e all’apprezzabile succulenza del piatto si addice un rosso di medio corpo come il Cannonau di Sardegna Capo Ferrato, della Cantina di Castiadas, sapido, con tannini docili.

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