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Il genio nella bottiglia
Pubblicato il 20/09/2013
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Arte e vino: da sempre un grande binomio di successo. Che l’arte si abbini bene alla nobile bevanda è testimoniato dalle storiche etichette di Château Mouton Rothschild, o dalle collezioni di sculture ed installazioni che adornano alcune delle più belle cantine, in Italia e nel mondo; o ancora, dal design architettonico delle cantine stesse, in qualche caso vera e propria opera d’arte di per se.

Cosa succede, invece, quando è l’artista a fare il vino? In Italia la transizione da pittore a vigneron è testimoniata da personaggi di grande rilievo (potrei citare, per tutti, Bibi Graetz). Avendo però la passione e la curiosità per i vini di altre parti del pianeta, voglio piuttosto occuparmi di un grande personaggio, poco conosciuto da noi, ma famoso nei paesi anglosassoni: Manfred Krankl, austriaco di nascita, californiano di adozione, fondatore della mitica cantina Sine Qua Non.

Parliamo anzitutto dei vini: Krankl appartiene (anzi, ne è forse l’esponente più di spicco) al gruppo dei cosiddetti Rhone Rangers, vignaioli californiani che usano i vitigni e si ispirano allo stile dei vini della Valle del Rodano: dunque Syrah, Grenache, Mourvedre, ma anche Rousanne, Marsanne, Viognier. Ogni anno, Sine Qua Non mette in commercio numerose etichette di bianchi, di rossi, e qualche volta di rosé. Ma - e qui viene il bello - non troverete mai due volte di seguito lo stesso nome, perché Krankl e sua moglie Elaine ogni anno cambiano non solo la composizione degli assemblaggi, ma lo stesso nome del vino. Tanto per fare un esempio, nel 2006 il Syrah di punta si chiamava “A Shot in the Dark”, mentre nel 2007 è diventato “Labels” e nel 2008 “The Duel”… Ma il bello è che, come avrete intuito, Krankl è anche un pittore. Dunque, oltre a cambiar nome al vino, ogni anno muta anche le etichette, che dipinge lui stesso. Debbo dire che personalmente le trovo bellissime, in alcuni casi addirittura splendide, ancorché inquietanti: la più riuscita per me rimane quella del Syrah 2005, chiamato “The Seventeenth Nail in my Cranium” (provate ad immaginarvi mentre in enoteca o al ristorante chiedete un vino con un nome simile) ispirata da un incidente occorso in cantina, quando una barrique gli cadde sulla testa procurandogli una vistosa ferita, per fortuna guarita grazie alla sutura (appunto) con 17 punti.

Al di là della bellezza estetica delle etichette, non si può però dire che il contenuto della bottiglia deluda: anzi, al contrario, i vini sono geniali come l’uomo. Potenti, irruenti, con gradazioni alcoliche stellari (nei rossi si superano spesso i 16 gradi, nei bianchi non si scende quasi mai sotto i 15) sono al contempo eleganti ed espressivi. Uno di quei rari connubi di muscolarità e classe che pochi produttori riescono ad ottenere. Recentemente, con alcuni colleghi allievi, come me, del Primo Bibenda Executive Master, ho stappato una bottiglia del rosé 2008 (chiamato “The Pontiff”, con una etichetta che raffigurava di spalle un porporato la cui somiglianza con Papa Ratzinger era evidente). Il vino era incredibile, un vero e proprio rosso travestito da rosato, con uno spessore, una complessità ma al contempo una beva impressionanti. Avrebbe ancora potuto invecchiare qualche anno, e ne avrebbe, forse, guadagnato ulteriormente in struttura.

Prima che qualcuno si precipiti nell’enoteca sotto casa, debbo però dare una brutta notizia: i vini di Sine Qua Non sono pressoché introvabili in Italia e, se anche si trovano, i prezzi sono da capogiro. Il Syrah 2005 viaggia attualmente oltre i 1.000 euro, ed anche i rosé, che sono in genere i più economici, non scendono sotto i 100 euro Se qualcuno però avesse il proverbiale, ricco zio d’America, forse dopo aver letto queste righe saprà che regalo chiedergli per Natale.

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